Abbiamo già detto come il governo di Berlino avesse emanato il 17 marzo un editto sulla libertà di stampa e il 18 quello della convocazione delle Diete pel 2 aprile.
Annunciate queste decisioni immediatamente e dopo l'arrivo della notizia della insurrezione viennese parvero dettate dalla paura, e perciò i caporioni della democrazia radicale credettero di approfittarne per ottenere ciò che più ad essi importava, cioè l'allontanamento dalla città delle forze militari e l'istituzione della Guardia Nazionale. A questo scopo fu fatta, verso mezzogiorno del 18 marzo, una grande dimostrazione popolare avanti al palazzo reale.
La folla, dopo avere udito e applaudito la lettura dei due decreti reali, chiese ad alte grida il ritiro delle truppe; e una domanda formale in questo senso fu presentata da una deputazione di consiglieri municipali e di cittadini alla Corte. Ma il re, che dal balcone aveva poco prima dato alla folla segni di simpatia, mostrò col suo contegno di non essere disposto a cedere su questo punto. La stessa resistenza mostrava il ministro di giustizia, che sulla porta del Castello aveva arringato il pubblico.
Le grida continuavano, quando, dal cortile del Castello un distaccamento di fanteria e, da una contigua via, squadroni di cavalleria comparvero sulla piazza, per sgombrarla della folla.
Due colpi di fucile tirati non si sa bene se dal popolo o dai soldati furono, come a Parigi e a Vienna, il segnale della battaglia. La moltitudine si disperse per le vie laterali gridando Ci ammazzano!
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