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I polacchi del Ducato di Posen, ch'erano stati tranquilli nel 1830, credettero sul serio, dopo la rivoluzione francese di febbraio e l'insurrezione di Berlino, che l'ora fosse giunta della ricostituzione della loro nazionalità; ed alla voce di due ardenti patriotti, Nieroslawski e Stephanski, una rivolta generale vi scoppiò.
Dopo alcuni giorni di lotta accanita, nella quale non pochi insorti furono massacrati, fra il 30 aprile e l'8 maggio la rivolta fu interamente domata.
I liberali di Prussia non videro di mal occhio quest'azione vigorosa del governo per soffocare le aspirazioni nazionaliste dei polacchi della Posnania, ma non tardarono a sentire essi medesimi in casa propria la mano forte dell'Hohenzollern, sebbene avesse indossato abiti costituzionali. La Camera ch'era uscita dal suffragio universale, per dare alla Prussia, conformemente al proclama del 21 marzo, la Costituzione e le leggi fondamentali ad essa coordinate, non era, come s'è già accennato, un'assemblea di giacobini. Fra una destra numerosa, composta di ministeriali, e una sinistra, composta di democratici radicali, arbitro della situazione era il centro, il quale, oscillante in principio fra il conservatorismo e la democrazia, non volle seguire la sinistra, nella sua proposta di dichiarare «benemeriti della patria» i combattenti del 18 e 19 marzo.
Le masse popolari, fra le quali abbondavano i combattenti di quelle giornate, quando videro quella proposta respinta, accese di furore, invasero l'armeria per strapparne le armi utilizzabili per una nuova sommossa.
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