In una riunione tenuta in un ristorante della demolita via della Dogana, fu da qualcuno esposta l'idea dell'uscita in massa degli uomini validi dalla città, per iniziare sui monti la guerra di bande.
Parve a tutti gli altri che, se battaglia doveva esservi, essa dovesse aver luogo in Milano.
Le Termopili d'Italia, disse Correnti, sono in Milano. Vincitori o vinti, la causa d'Italia avrà fatto un gran progresso, quando avremo mostrato all'Europa che il nostro popolo è pronto a farsi seppellire sotto le rovine della sua città, piuttosto che sopportare più a lungo l'odioso giogo che la santa alleanza impose all'Italia.»
L'idea in cui tutti si trovarono d'accordo fu di indire pel domani una grande dimostrazione, la quale, facendo capo al Municipio, dovesse chiedere: l'armamento della guardia civica - l'abolizione della polizia - la libertà di stampa - una reggenza provvisoria del regno e neutralità, durante l'interregno, colle truppe austriache.
Cesare Correnti venne incaricato di esporre, in un manifesto da affiggere, queste domande.
Quelli potevano chiamarsi i più prudenti dei rivoluzionari.
I più ardimentosi, invitati da Attilio De Luigi, che godeva per la sua dottrina e pel suo carattere la fiducia della gioventù patriottica, si riunirono nella sua abitazione, in via Disciplini, all'alba del dì seguente. Ma anche là nessuno volle prendersi la responsabilità dell'iniziativa d'una lotta armata.
Si pensò invece a preparare una lista di nomi per la formazione d'un governo provvisorio, che si sarebbe proclamato dalle finestre del Municipio durante la dimostrazione.
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