Passando davanti ai caffè del Corso, da un pezzo scomparsi, ne uscivano i più noti frequentatori, Cadolini di Cremona, l'ingegnere Sorre, Luciano Manara e altri stimati per già dimostrato patriottismo, che si univano alla imponente processione. Dal caffè San Carlo, in faccia alla Chiesa, uscì un giovine che portava una grande bandiera tricolore e si mise in testa al corteo.
Nuovi entusiastici applausi si sollevarono a quella vista. Il delirio era indescrivibile. Era tutto un popolo, che dopo lunga oppressione, sentiva tutta l'ebbrezza della libertà, di cui, prima ancora d'averla conquistata, si sentiva già in possesso.
Chi assistette a quello straordinario spettacolo non avrebbe dato le gioie allora provate per tutte le grandezze del mondo.
Mentre il corteo accompagnante la deputazione municipale, si avanzava a passo lento lungo il Corso, salutato dovunque da entusiastiche acclamazioni, una parte della folla che lo precedeva, era già entrata nella via Monforte, che allora fino al ponte era detta di San Romano.
Al Leone di San Babila, il Carlo Clerici aveva arringato la folla, conchiudendo che si andava al palazzo di governo per proclamare un governo provvisorio.
Un grido allora alzatosi di morte ai tedeschi! fu subito represso, e uno che lì presso tentò di dar principio all'erezione d'una barricata ne fu impedito. Si credeva ancora da parecchi che tutto potesse finire pacificamente, ma l'illusione durò poco.
I soldati di guardia al palazzo di governo, ch'erano ungheresi, vedendo avvicinarsi quell'immensa moltitudine, la quale occupava tutta quanta la strada, spianarono i fucili e gridarono l'alt, per tenerla lontana.
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