La prova è che in quel giorno, tranne alcuni atti di coraggio compiuti da singoli individui, e le botte toccate a drappelli isolati e specialmente alla colonna del gen. Rath prima di arrivare alla sua destinazione, nessun vantaggio notevole potè riportare l'insurrezione.
Tutto il talento strategico di Radetsky si spiegò quel giorno nell'assalto del Broletto, dove sperò impadronirsi del Casati e del Comitato insurrezionale da lui sognato, avuti i quali nelle mani egli immaginava l'insurrezione irrimediabilmente spenta.
Nel Broletto c'erano alcuni assessori e altri notabili cittadini, i quali avendo preso sul serio i tre decreti firmati dal vice-governatore, attendevano alla inscrizione dei militi della Guardia Civica, dopo averne data bonariamente comunicazione a Radetsky medesimo, e facendo appello alla sua generosità per impedire scene di sangue.
Ingenui troppo, non avevano neppure pensato a mettersi in stato di difesa, nè a tener aperta, in caso d'assalto, una via di ritirata.
Non si accorsero neppure della pericolosa situazione in cui si trovavano, quando Radetsky, in risposta alla nota dal Municipio, gli intimava l'immediato disarmo, minacciando in caso diverso, di "bombardare la città", e di far uso del "saccheggio e di tutti gli altri mezzi in suo potere", per ridurre una città ribelle.
Soltanto quando la colonna del colonnello Döll, facendo un fuoco indiavolato, fu poco lungi dal Broletto, e alcuni dei feriti furono portati nel cortile, si corse alle difese.
Assaliti, nessuno dei cittadini pensò a mettersi in salvo.
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