Se avesse avuto animo rivoluzionario, avrebbe compreso che il ritirarsi in circostanze così straordinarie era debolezza e colpa; avrebbe sentito che in rivoluzione il potere è di chi più osa, e sa di avere per sè la fiducia dei più animosi.
Disgraziatamente, mancando Cattaneo, non vi fu nessun altro che avesse mente e animo pari alle circostanze straordinarie del momento.
Mentre tanta parte della popolazione milanese e lombarda dava prova di così grandi energie, da cui tutto si poteva aspettare, non vi fu alcuno che sapesse raccoglierle in fascio e dirigerle a completa vittoria.
Disgraziatamente Garibaldi era lontano, e la rivoluzione italiana non ebbe alcun Moltke.
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In quel quinto giorno sapendosi che gli austriaci erano allo stremo di viveri, estenuati di fatiche, e che non mancava più che un piccolo sforzo per costringerli ad abbandonare la città, gli strateghi del Comitato di guerra designarono la porta Tosa, perchè più lontana dal Castello, come l'obbiettivo di cui bisognava ad ogni costo impadronirsi.
E là si combattè una vera battaglia, che cominciata alle due di notte, continuò senza tregua fino a sera.
In quel combattimento furono usate per la prima volta le barricate mobili, formate da fascinoni rotolanti, che spingendosi innanzi lasciavano in molta parte al coperto i tiratori. Si adoperarono anche due cannoncini, espressamente fusi il giorno prima da fonderie private.
Si combatteva anche dalle finestre delle case del Corso e dalle vicine ortaglie, mirando ai bastioni, di dove venivano i rinforzi alla truppa accampata al dazio.
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