Sarebbe anche bastata la risolutezza dei milanesi a inseguire l'austriaco fuori della città, per decidere Carlo Alberto a rompere gli indugi, e a mandare immediatamente sulle traccie del nemico un paio di divisioni.
Finita così la guerra di liberazione in pochi giorni, le guerre del 1859 e del 1866, e forse pure quella del 1870-71, sarebbero state risparmiate all'Italia e all'Europa. I destini d'Italia sarebbero forse stati perciò un po' diversi di quelli che accompagnarono la sua politica unificazione, ma la sua indipendenza avrebbe avuto un'incrollabile base, perchè avrebbe avuto per battesimo le più belle vittorie di popolo.
Ciò per colpa di tutti non avvenne.
Si comprende come i monarchici del governo provvisorio, per assicurare a Carlo Alberto tutto il merito della finale vittoria, lasciassero deliberatamente spegnere nell'inerzia tutto l'ardore popolare; non si comprende come i repubblicani, che di quell'inerzia fecero un capo d'accusa ai monarchici, non abbiano neppure tentato di chiamare intorno ai più prodi i molti armati che Milano contava nell'ultimo giorno, per continuare la grande lotta anche fuor delle mura.
Dopo cinque giorni di fiera lotta e colla vittoria già in pugno, la stanchezza, il sonno, il bisogno di riposo s'impossessarono dei combattenti proprio nel momento in cui si trattava di compierla.
Parrà oggi a tutti incredibile, che un esercito di circa ventimila uomini, disorganizzato, affamato, avvilito, abbia potuto sfilare lentamente, tra le ore undici e le due di notte, lungo i bastioni e la via di circonvallazione, davanti a una città di quasi trecentomila abitanti, dov'erano più migliaia d'armati, senza essere molestato da alcuno, e senza che i Comitati, i combattenti, la cittadinanza abbian fatto le viste di accorgersene.
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