L'indomani in mezzo all'esultanza della popolazione per l'avvenuta liberazione - in gran parte turbata dalle scoperte che mano mano facevansi dei barbari eccidî, fra cui di famiglie intere abbruciate, che i soldati austriaci, prima d'andarsene, avevano lasciato come loro ricordo a Milano - un avviso del Comitato di guerra, che pochi probabilmente lessero, annunciava la formazione dell'Esercito delle Alpi, e invitava i combattenti a inscrivervisi.
Soltanto il 24 marzo, due giorni dopo la partenza degli austriaci, usciva dalle porte, per inseguirli, la colonna comandata da Luciano Manara.
La formavano 127 volontari, «salutati,» scrisse Emilio Dandolo nelle sue Annotazioni storiche, «dagli applausi e dall'ammirazione universale.»
All'ammirazione pei pochi che partivano, si univa probabilmente in molti, in quell'ora, un sentimento di mortificazione al pensiero delle migliaia che restavano.
La rivoluzione di Venezia
Il 22 marzo 1848, che fu giorno di liberazione per Milano, lo fu anche per Venezia. Tranne la concordia negli animi e il forte proposito di tutte le classi di finirla colla dominazione austriaca, nessuna somiglianza fra le due sollevazioni.
A Milano l'insurrezione fu ammirevole, perchè un popolo, per natura mite e pacifico, venne a cimento con un forte e agguerrito esercito, e, quasi senz'armi, senza capi, senza direzione, dopo una serie di combattimenti durati cinque giorni, lo costrinse ad abbandonare la città; ma fu lotta dolorosa, considerando le molte vittime che costò alle due parti.
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