Il primo aggiunto di questa, recatosi al Municipio per dettare questo regolamento, si accorse che il numero delle Guardie civiche, che là si registravano e si volevano armare, oltrepassava di molto quello voluto dal governatore e ne fece rimostranze al Manin, che dichiarò che ne stavan pronte duemila. «E per armarle?» chiese l'aggiunto. - «Ci penseremo noi» rispose Manin. - «Dunque voi volete costringerci a mettere la città in stato d'assedio», soggiunse l'aggiunto. «Io son qui (replicò Manin) per l'ordine del paese, e se la polizia frappone ostacoli, mi metterò io stesso alla testa del movimento, e voi sarete la causa della rivolta, che tanto temete». Queste parole, proferite con accento e gesti risoluti, atterrirono la polizia, la quale dovette assistere impotente all'armamento di più migliaia di cittadini.
Il Municipio diede subito avviso alla cittadinanza che stava organizzando la ottenuta «provvisoria» Guardia civica, e nel darne annuncio raccomandava «la maggior tranquillità» per «dimostrare l'utilità della novella istituzione» e per esserne degna.
Dal suo canto Manin, scelta una pattuglia di coloro sui quali poteva più contare, percorse, alla testa di essa, alcune delle principali vie. Il popolo vedendoli armati, si diede a gridare esultante: Viva Manin, Viva i nostri salvatori! Ma impostogli da Manin di non compromettere, neppure con evviva, la situazione che si veniva creando, il popolo si mantenne tranquillo, non cessando più d'allora in poi di mostrare nel senno di Manin la maggiore fiducia.
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