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      Il 24 marzo, in conseguenza delle riportate vittorie della insurrezione e delle avvenute capitolazioni dei presidi austriaci, tranne le fortezze del quadrilatero, la bandiera italiana sventolava in tutte le cittą e da tutte le torri di Lombardia e del Veneto, dal Ticino all'Isonzo.
      D'un esercito, che il 18 marzo era forte di oltre 80.000 uomini, Radetzky, a cagione dei morti, dei feriti, dei prigionieri, dei disertori e delle avvenute capitolazioni, non poteva pił disporre che di 25 o 26 mila uomini sotto il suo comando, dei 10 o 12.000 comandati dal generale D'Aspre, e di pressochč 10.000 altri, che presidiavano le quattro fortezze.
      Se all'entusiasmo che le prodigiose vittorie di quei primi giorni avevano destato nelle popolazioni, avesse corrisposto la costanza, colle schiere d'armati che dalle valli e dai monti affluivano alle cittą, colle guardie di finanza, coi soldati italiani, che avevano disertato le insegne austriache, colla gioventł animosa che in ogni cittą non attendeva che la voce d'un capo per armarsi e marciare, ai 26.000 combattenti di Radetzky la sola Lombardia avrebbe potuto e dovuto opporre, se non i 100.000 uomini calcolati da Pisacane, non meno di 50,000 armati.
      Un numero non minore potevano darne, non contando il Piemonte, le altre popolazioni italiane.
      Le notizie della insurrezione lombarda avevano destato in tutta Italia un fremito straordinario.
      Con un'alzata di spalle Parma, Modena, Piacenza, s'erano liberate dei principi fantocci, che l'Austria non poteva pił sostenere, e avevano battaglioni bene armati, che potevano essere pronti a varcare i confini.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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