A Torino poteva esserlo anche prima.
Il conte Arese portō la notizia dell'insurrezione di Milano ai ministri del re e al re medesimo la notte dal 18 al 19 marzo. Nč il re nč i ministri gli diedero promessa di soccorso.
Nei dė seguenti continuando a giungere notizie che in Milano il cannone infuriava e la lotta doveva essere terribile, il ritardo del governo a dar ordine all'esercito di passare il Ticino, lo metteva in pericolo nel suo paese medesimo.
La stampa strepitava. Cavour medesimo stampava nel Risorgimento un articolo infuocato, che, pių che un invito, era una fiera intimazione al governo di agire. "L'ora suprema - diceva Cavour - per la monarchia sabauda č suonata: l'ora delle forti deliberazioni, l'ora dalla quale dipendono i fati degli imperi, le sorti dei popoli. In cospetto degli avvenimenti di Lombardia e di Vienna, l'esitazione, il dubbio, gl'indugi non son pių possibili, essi sarebbero la pių funesta delle politiche.... Una sola via č aperta per la nazione, pel governo, pel re: La Guerra! la guerra immediata e senza indugio."
La popolazione dal suo canto, sempre pių in orgasmo, si assembrava ogni dė sotto le finestre del palazzo reale, gridando: Al Ticino! al Ticino!
Non ostante questi eccitamenti, Carlo Alberto prima di risolversi all'intervento, voleva un invito formale del governo provvisorio di Milano, quando non era ancora costituito, e aveva mandato a quest'uopo a Milano il conte Martini di Crema. Cosė si perdettero giorni preziosi.
Questa titubanza e questi scrupoli di Carlo Alberto, furono funestissimi; ma a un certo punto si comprendono.
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