Non c'era bisogno d'essere un genio di guerra, bastava aver letto poche pagine di storia delle campagne di Napoleone in Italia, e avere la volontà di vincere, per comprendere che la rapidità delle mosse era in quei giorni condizione primissima di successo.
E poichè la guerra è un male, anche quando è inevitabile e giusta, il miglior modo di affrontarla è di farla breve e decisiva; così si risparmiano vittime, e gli interessi della patria sono più presto messi d'accordo coi diritti dell'umanità.
Invece solamente il 26 marzo le prime truppe piemontesi - quelle del gen. Bes - sei battaglioni, sei squadroni e una batteria passarono il Ticino a Boffalora, per arrivare a Milano il 27.
Per comprendere l'insensatezza degli uomini del Governo provvisorio, che immaginavano facili e imminenti le vittorie, basta ricordare che il manifesto annunciante alla popolazione l'entrata in Milano di quelle truppe, così si chiudeva: "Per conseguenza il governo provvisorio invita tutti i cittadini a riprendere al più presto, e possibilmente entro la giornata del 27 (lunedì) le ordinarie loro occupazioni, aprendo botteghe e lavoratorii e tornando all'operosa loro vita."
Un decreto che avesse chiamato sotto le armi i giovani di due o tre leve, per combattere a fianco all'esercito piemontese, sarebbe stato assai più provvido di quell'inconsulto manifesto.
La divisione Bes partì il 28 per Treviglio, ma senza l'ordine d'inseguire il nemico.
Il re Carlo Alberto invece di mettersi sulle orme del nemico per la via più breve, passò il Ticino ed entrò in Pavia il 29 alla testa di tre divisioni.
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