Così sfuggiva una prima occasione di sicura vittoria.
Dichiarata la guerra all'Austria il 23 marzo, le truppe piemontesi, sebbene una grossa parte fosse a mezza giornata dal confine, passarono il Ticino, come s'è detto, soltanto il 28 e 29 marzo; il peggio è che facendo prendere al grosso dell'esercito la via di Pavia, invece di inseguire il nemico per la via più breve, se ne allontanava.
Arrivato il re il 30 a Lodi colla 1a divisione, D'Arvillars, vi rimase tutto il 31 di marzo. Dopo sei giorni di guerra una sola tappa dal confine, 34 chilometri!
A Lodi il re seppe che Radetsky aveva riunito il suo esercito nei piani di Montechiaro, e per non attaccarlo di fronte con le poche forze che allora avea, stimò bene di girare pel basso Mincio. Si avanzò per Breno fino a Maccario, e passò il Mincio il 7 aprile."
Così il generale G. F. Moreno, nel suo Trattato di Storia Militare, la cui censura critica qui si arresta.
Ma, come osserva benissimo Demetrio - divenuto ormai nostro collaboratore in questo compendio storico - tutt'altra era la via che l'esercito piemontese doveva seguire. Obbiettivo strategico per Carlo Alberto doveva essere l'esercito di Radetzky; scopo supremo raggiungerlo. La linea direttrice strategica era Crema, Soncino, Orzinovi, per volgersi di là alla volta di Brescia, o di Castiglione delle Stiviere o di Azola, secondo gli indizi che si sarebbero avuti della via di ritirata seguìta dalle truppe austriache.
Queste erano ancora numericamente più deboli dell'esercito piemontese, ch'era inoltre fiancheggiato e preceduto da alcuni corpi franchi, allora animati da grande entusiasmo.
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