Dopo quattordici giorni di passeggiata in guerra, senza aver sparato un colpo di fucile, il risultato era un po' mediocre. E Radetzky, che si sarebbe potuto raggiungere in tempo e sconfiggere, aveva intanto potuto rinchiudersi nel quadrilatero, dove a tutto suo agio poteva ristorare il suo esercito, e attendere il momento opportuno di riprendere l'offensiva.
Anche gli errori incruenti commessi in guerra, presto o tardi si scontano.
Perduta l'occasione di vincere, mettendo a profitto i due grandi fattori di vittoria, quali erano la disorganizzazione e lo scoramento degli austriaci e l'entusiasmo delle popolazioni insorte, la guerra diveniva una lotta fra due eserciti regolari, alla quale, insieme al numero, la valentėa dei generali doveva essere il maggior coefficente di vittoria.
Gli austriaci, s'č giā visto, non avevano alla loro testa nč un Montecuccoli, nč un Arciduca Carlo, ma, ahimč! da questo lato gli italiani stavano peggio.
Quanto al numero, venne presto il giorno in cui il Piemonte e la Lombardia dovevano calcolare sulle loro sole forze. Gli altri principi italiani, non appena ebbero sentore che la vittoria avrebbe avuto per risultato l'ingrandimento del solo Piemonte, non vollero pių saperne di cooperarvi. Il granduca di Toscana, dopo il corpo di 6000 uomini, fra regolari e volontari, mandato nei primi giorni, sotto la pressione dell'opinione pubblica, non mandō altre truppe. Pio IX, ricordatosi di essere, pių che principe italiano, pontefice dell'universo cattolico, e temendo uno scisma negli Stati ereditari austriaci, disdisse il 29 aprile in un'Enciclica la guerra all'Austria.
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