Non sapendo a qual partito appigliarsi, il comando dell'esercito piemontese, timoroso di avanzare, tenne accampato l'esercito lungo la riva destra del Mincio, solo occupando con forti avanguardie i tre sbocchi della sponda sinistra.
«Ma quello che vecchi generali e buone truppe regolari non ardiscono di fare, s'attenta farlo il borghese Manara co' suoi volontari novellini.
«La mattina dell'11 aprile, imbarcato il suo battaglione su due piroscafi a Salò, traghetta il lago, piglia terra a Cirano, donde scorrazza sulle colline fra Benaco ed Adige. Piglia munizioni da una polveriera vicino a Peschiera, fa prigioniera una compagnia di fantaccini foraggianti intorno a Castelnovo, e via via col solo suo battaglione minacciava la linea strategica di tutto il quadrilatero verso il Trentino. Radetzky non poteva non vedere quel pericolo, e mandò il gen. Taxis a rimoverlo.
«Se non che il Manara non meno accorto e prudente, quant'era stato arditissimo, tenendo in rispetto un nemico sei volte superiore, ripiegò da Castelnovo, dove la colonna del Taxis entrando infuriata s'abbandonò a sua posta al sangue ed al saccheggio. Ben 400 di quei miseri abitanti, colpevoli di avere bene accolti i volontari di Manara, furono feriti, uccisi, oltraggiati. Manara asserragliatosi nel Castello di Lasize, attese, indisturbato, i piroscafi che lo trasportarono di nuovo a Salò.
«Egli aveva indicata la via dell'azione ai generali piemontesi, che non la videro, nè la capirono mai.
«Soltanto il 13 il re fece fare alle divisioni del 2.° corpo una ricognizione rumorosa sotto Peschiera, intimando inutilmente la resa.
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