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      Tutte le colonne dei volontari ebbero poi l'ordine di recarsi a Brescia e a Bergamo per esservi riordinate. Ritiratosi il generale Alemandi, nel quale i volontari non avevano più fiducia, fu mandato a riordinare la colonna Arcioni un ufficiale piemontese. Egli presentatosi a quei giovani, fece loro la prima invocazione nel nome di Sua Maestà il Re, al che (lo afferma Pisacane, che ebbe la notizia da ufficiali e militi della legione Arcioni) la colonna Arcioni rispose concorde Viva la Repubblica, e si sciolse.
      Se l'ufficiale piemontese aveva avuto torto di non informarsi prima dei sentimenti di quei volontari, questi ebbero più grave colpa abbandonando la milizia. Privare la patria del proprio concorso, quando la guerra d'indipendenza continuava, non era il miglior modo di dimostrare la superiorità morale delle proprie concezioni politiche.
      Dopo avere lasciato l'esercito inoperoso per due intere settimane, dando così tempo al nemico di prendere animo e di riordinarsi, il 26 aprile il re si decise, finalmente!, a una vigorosa azione nell'interno del quadrilatero.
      Erano allora giunte ai reggimenti le classi in congedo, e davanti a Mantova nel Basso Mincio i toscani, unitamente al 10° napoletano e ai volontari parmigiani, tutt'insieme in forza di 10500 uomini.
      Lasciati i nuovi venuti in osservazione davanti a Mantova, nel Basso Mincio, da Goito a Curtatone fino al ponte di Governolo, tutto l'esercito piemontese, cautamente e lentamente si avanzò nella regione collinosa, occupando man mano Custoza, Sommacampagna, Sona, Santa Giustina, Sandrà e Colà. Le truppe così disposte venivano a formare un'immensa curva a guisa di ferro da cavallo, con l'arco rivolto a Verona.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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