I generali furono unanimi nel parere di eseguire gli ordini del feldmaresciallo. Nugent, o perchè malato, come si disse, o non sentendosi capace di tale sforzo, cedette il comando al maresciallo Thurn. Questi, approfittando di una falsa mossa di Durando, disceso a Treviso, con una marcia forzata da Montebelluno corse a Cittadella e al Fonte di Fontaniva sulla Brenta. Indi, fatto da una sola delle sue brigate un finto attacco al sobborgo di S. Lucia di Vicenza, per mascherare e coprire la marcia in avanti del corpo principale, proseguì difilato verso Verona.
Arrivato colle sue truppe a San Bonifacio, dove incontrò gli avamposti di Radetzky, Thurn ebbe ordine di tornare indietro per tentare di impadronirsi di Vicenza. Ma grazie alla energica resistenza della milizia cittadina, dei 12,000 uomini di Durando e della colonna di volontari comandata dal generale Antonini, che aveva a' suoi fianchi Manin e Tommaseo, accorsi da Venezia, dovette, dopo inutili tentativi, rinunciare all'impresa e far ritorno a Verona. Vi entrò il 25 maggio.
Colla letizia nello sguardo osservava il feldmaresciallo (Radetzky) sfilare a lui dinnanzi quel corpo, che gli portava un rinforzo di ben diciannove mila uomini di valenti truppe... Poteva finalmente correre ad affrontare il suo avversario, di cui finora non aveva fatto che respingere gli assalti
. Così scrive nelle sue Memorie delle guerre d'Italia il "Veterano austriaco" (gen. Schönhal).
Nonostante il notevole rinforzo venuto a Radetzky, l'esercito piemontese colla divisione ausiliaria di toscani e parmensi e la colonna mantovana, che formavano la sua estrema destra trovavasi ancora in forze superiori a quelle del nemico.
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