Se il valore, il buon volere e la buona causa non valgono ad assicurare la vittoria, non è supremo dovere cercare altrove i modi di provvedere alle sorti del proprio paese e agli interessi della civiltà? Radetzky, padrone del campo di battaglia, non credette opportuno d'inseguire il nemico nella sua ritirata su Villafranca.
Durante la mischia, i soldati che vi presero parte, anche i più giovani, eccitati dall'ardore della lotta, avevano combattuto con intrepidezza ammirevole. La giornata era stata soffocante - il termometro aveva segnato 30 gradi di calore - quasi tutti non avevano preso cibo fin dal mattino, l'arsura era tormentosa in tutti; eppure rimasero al fuoco molte ore, resistendo alle fatiche, alla sete, alla fame.
Il Bava dice nella sua relazione, che le giornate del 24 e del 25 luglio saranno per sempre memorabili pel coraggio prodigioso dei nostri soldati, e per la eroica condotta di ognuno. Ed eroica sarà stata davvero, se tale è lecito chiamare la lotta corpo a corpo, la ferina voluttà del massacro, l'assenza d'ogni pietà, per cui non si odono più i gemiti dei morenti, e correndo sull'avversario, si passa indifferentemente sul corpo dei caduti, morti o feriti.
Cominciata la ritirata, la scena mutò d'aspetto.
Parecchi caddero estenuati durante la marcia, nè più si rialzarono. La più profonda sfiducia entrò nell'animo dei più valorosi, i quali, avendo veduto perduti in tre giorni, non ostante il coraggio spiegato, i frutti di tutta la campagna, ne attribuivano la causa alla caparbietà e all'ignoranza dei capi, che, con forze superiori a quelle del nemico, avevano trovato il modo di mandare al combattimento un numero di soldati sempre inferiore a quello degli austriaci.
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Villafranca Bava
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