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      Tale era il caso dell'esercito piemontese, il quale soltanto ritirandosi al di là del Po, e fortificandosi intorno a Piacenza poteva sperare di rialzare le proprie sorti.
      Invece Carlo Alberto fece fare all'esercito in ritirata la stessa via che aveva tenuto entrando in campagna.
      Prima avrebbe voluto fare dell'Oglio la sua linea di difesa, ma tosto l'abbandonò e dichiarò che avrebbe difeso il passaggio dell'Adda; ma all'avvicinarsi del nemico, abbandonò anche quella posizione, e condusse l'esercito sotto Milano, che promise di difendere a qualunque costo.
      Il Comitato di difesa, nominato negli ultimi giorni dal Governo provvisorio, aveva preso tutte le misure per un'energica difesa. La popolazione vi si era preparata, non coll'entusiasmo delle giornate di Marzo, ma con animo disposto a qualunque sacrificio.
      A compimento delle misure di difesa, nel pomeriggio del 4, il re fece incendiare le case fuori del bastione, alle quali parecchi dei proprietari medesimi, riconoscendone la necessità, diedero fuoco di loro mano. Tutta la notte durarono gli incendi dei fabbricati, che valevano più milioni.
      Al mattino, quando corse la voce che il re aveva capitolato, nessuno voleva crederlo.
      È fama che chi portò in città e nei sobborghi la sciagurata novella, sia stato trucidato quale traditore.
      Quando se ne ebbe certezza, gran folla di popolo si portò furibonda sotto il palazzo dove il re aveva preso dimora, gridando al tradimento, e minacciandolo di morte.
      Ma la capitolazione dal punto di vista militare era incensurabile, perchè Milano, tranne si fosse voluto fare d'ogni suo quartiere una nuova Saragozza, non è città difendibile contro un potente esercito.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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