E Mazzini, che passando da Parigi pochi dì dopo per venire in Italia, aveva avuto con Lamartine un colloquio, nel quale gli furono date le più belle speranze, scrisse nei suoi Cenni e Documenti intorno alla Insurrezione Lombarda e alla Guerra Regia del 1848 queste precise parole: «dico gli aiuti di Francia a quei giorni erano, per chi li avesse voluti, certi, immancabili».
Ma gli aiuti di Francia Carlo Alberto non li voleva, perchè al seguito di essi vedeva sorgere in Lombardia il fantasma della Repubblica.
Abbiamo ricordato più volte i lunghi, crudeli indugi del re a venire in soccorso dell'insurrezione lombarda; se finalmente vi si decise, fu perchè non poteva dubitarsi che «dopo gli avvenimenti di Francia il pericolo della proclamazione della Repubblica in Lombardia, non potesse essere vicino.» Sono parole del ministro Pareto, nella nota con cui annunciava al Governo inglese la presa risoluzione.
E per allontanare quel temuto pericolo, che un aiuto della Francia ai lombardi e ai veneti poteva far nascere, nel suo famoso proclama ai popoli della Lombardia e della Venezia, in cui dichiarava che le sue armi venivano a porgere «nelle ulteriori prove quell'aiuto che il fratello aspetta dal fratello, l'amico dall'amico», Carlo Alberto diceva di fidare «nell'aiuto di quel Dio che con sì meravigliosi impulsi pose l'Italia in grado di fare da sè».
Era un programma.
Da quel giorno l'Italia fa da sè divenne la parola d'ordine del partito monarchico, la suprema norma della politica del Governo piemontese e del Governo provvisorio di Milano, se questo, come proponevasi, voleva informare la sua condotta alle intenzioni del re sardo.
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