Lasciato il ministero della guerra, la folla si gettò contro l'arsenale, e l'insurrezione divenne in breve padrona di quasi tutta la città.
L'Assemblea si dichiarò in permanenza; nominò un Comitato di pubblica sicurezza, e assunse l'incarico d'interporsi fra gl'insorti e il governo, per far cessare la lotta.
Ma nella notte l'imperatore, con cinque reggimenti di scorta, fuggì di nuovo dalla capitale, dirigendosi a Linz. Da Scönbrunn lanciò un manifesto, con cui condannava fieramente tutto quanto era avvenuto, e chiamava i popoli dell'Austria alla crociata contro la rivoluzione.
La nomina di Windischgratz è questa volta annunciata. Il primo suo atto fu lo stato d'assedio posto a Vienna.
Egli viene ad assalirla dal nord coi battaglioni di Moravia e di Galizia, mentre Jellachich arriva dall'est col suo esercito croato.
Gli insorti non hanno che due corpi di volontari, la legione Accademica, poca parte della Guardia Nazionale e un corpo scelto, in cui militano letterati, studenti e i tre deputati alla Costituente di Francoforte, Roberto Blum, Maurizio Hartmann e Giulio Fröbel, che la sinistra di quell'Assemblea aveva mandato a Vienna in segno di rallegramento per la riportata vittoria popolare.
Capi degli insorti erano il generale polacco Bem, e gli austriaci Messenhauser e Jenneberg.
Avessero avuto anche il genio d'un Moltke o d'un Garibaldi, non avrebbero potuto scongiurare il triste fato che pendeva su Vienna insorta, perchè una gran parte della popolazione desiderava in cuor suo più la sconfitta che la vittoria dell'insurrezione; perchè soltanto qualche centinaio di guardie nazionali vi prendeva parte; e i corpi volontari, quasi tutti improvvisati, pur facendo prodigi di valore, non potevano resistere a lungo contro un esercito regolare, numeroso, ben disciplinato e ben comandato; e all'assalto di Vienna venivano, non uno, ma due eserciti.
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