Ottimista, come tutti i filantropi, il deputato Bouvet era però abbastanza positivista per riporre negli interessi materiali dei popoli la sua fede nel trionfo della pace.
«Come non riconoscere (diceva) che le transazioni commerciali sono talmente generalizzate e impegnate da un capo all'altro dell'universo che ogni commozione impressa all'ordine materiale l'agghiaccia di spavento e lo minaccia di rovina... Come è possibile figurarsi che nazioni sedicenti civili consumino un quarto o un terzo del loro bilancio annuale a mantenere eserciti, il cui minimo inconveniente consiste a privare l'agricoltura, l'industria, il commercio, la popolazione, degli uomini più sani e più vigorosi?»
Dopo trascorso più di mezzo secolo, si può ripetere oggi la stessa domanda ai governi, i quali se da un lato han diminuito la durata del servizio militare in tempo di pace, hanno d'altra parte esteso a un numero smisurato di cittadini l'obbligo di quel servizio.
Continuiamo la citazione:
«Le nazioni rimangono, di fronte le une alle altre, nello stato di barbarie, senza legge positiva, senza giurisdizione comune, senza legame di associazione, abbandonate alle eventualità della discordia e della guerra. Ma non fu così delle famiglie, delle tribù, delle provincie, finchè non ebbero accettato la giurisdizione che loro diede la pace costituendole in nazione?
«Formare oggi, elevare al disopra delle nazioni, una legge di associazione, una giurisdizione rappresentativa, che sieno per esse ciò che sono le leggi e i tribunali per le famiglie, è il mezzo da adottare.
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Bouvet
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