«Se il progresso (egli disse) è la legge dell'umanità, la guerra è certamente il suo più crudele nemico. La guerra diminuisce invece di accrescere, distrugge invece di edificare, invece di far progredire l'uomo, cambia la civiltà in barbarie. Io ho visitato le rovine di Ninive, di Babilonia, di Palmira, di Tebe, di Memfi. Queste città, una volta sì potenti e sì rinomate, superiori in estensione, in popolazione e in ricchezza alle città d'oggi più potenti, ora non sono più che un mucchio di avanzi che calpestano pochi pastori isolati. Esse sono sepolte nel silenzio della notte. Ecco dove le ridusse la guerra! Se mi avvicino alle contrade da noi abitate, dove trovare un esempio più splendido della verità, che noi veniamo qui a difendere, della sorte di Roma, la regina del mondo?
«.... Roma, dopo avere domato il mondo, fu a sua volta inghiottita dalla conquista; esempio imponente della divina parola: Chi colpirà di spada morrà di spada.»
Dopo aver parlato delle rovine dei grandi imperi vedute nei suoi viaggi, Buckingham accennò ai combattimenti a cui aveva assistito:
«A nove anni entrai nella marina; a undici anni fui fatto prigioniero, e provai i mali della cattività; ricuperata la libertà, ho assistito a una dozzina di combattimenti. Fui in grado di conoscere davvicino gli orrori della guerra, di cui tanta gente non conosce che il lato poetico: le riviste, le armi, le feste, le decorazioni scintillanti al sole. Possa il Belgio, che fu l'arena su cui si sono decise tante lotte sanguinose, essere la prima nazione a salutare l'opera della pace universale.
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