Mentre il nemico aveva già ottenuto in poche ore così grande risultato, il gen. Chzarnowski, che aveva il quartiere generale a Trecate, dopo aver fatto perlustrare il terreno oltre il Ticino fino a Magenta, e fatto occupare questo borgo, trovato sgombro di nemici, da una delle sue divisioni, fece rientrare le altre nei loro alloggiamenti. Egli non aveva fretta; credeva l'esercito austriaco in marcia verso il Mincio, e di avere tutto il tempo a sua disposizione per raggiungerlo. Si coricò di buon'ora con questa beata illusione, ma fu subito svegliato per ricevere la notizia, mandatagli dal gen. Bes, del passaggio del nemico alla Cava, senza molestia da parte nostra, per non essersi Ramorino mosso dalla destra del Po.
Il nemico, per affrontarlo, non aveva molte strade da scegliere. Muovere immediatamente al suo incontro, in modo da poter piombare con tutte le forze su una delle sue ali, prima che potesse mettere in linea di battaglia tutte le schiere, era il piano da seguire.
Chzarnowsky, contro un nemico che si avanzava compatto, commise l'errore di dividere le sue forze. Ordinò al generale Durando di portarsi colla sua divisione a Mortara, al duca di Savoia di convergere alla stessa meta seguendo la strada di Castel d'Agogna, al generale Bes di avanzarsi, occorrendo, da Vigevano fino alla Sforzesca.
«Il ritardo (scrive Demetrio) nell'impartire e nel trasmettere gli ordini, è il massimo dei disordini, perchè anche le disposizioni più corrette falliscono per difetto di esecuzione».
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