Gli altri tre corpi proseguivano in una sola lunga colonna sulla strada di Mortara, verso Novara. Questa tattica di marcia (trascrivo dal manoscritto Demetrio) sarebbe stata funestissima a Radetzky, se alla testa dell'esercito sardo si fosse trovato un pronto e gagliardo manovratore.
Alle ore 11 ant. l'ultimo atto del sanguinoso e doloroso dramma incomincia. L'avanguardia di D'Aspre urta presso Olengo negli avamposti piemontesi. Immediatamente l'arciduca Alberto spiega la sua divisione a cavallo della strada in vicinanza al poggio della Bicocca, che diverrà il punto decisivo della battaglia.
La brigata Savona assalita per la prima, scompigliata indietreggia, ma subentra la brigata Savoja, che riprende e mantiene fortemente tutta la posizione.
Per tre lunghe ore, che dovevano sembrargli eterne, il generale D'Aspre si trovò col solo suo Corpo di fronte a tutto l'esercito sardo. Mandò ufficiali a Radetzky e a Dappel, a Confienza e a Borgo Vercelli, per richiamare verso Novara gli altri corpi; ma tutti erano troppo lontani. Per sostenersi e guadagnar tempo, egli impegna fin l'ultimo battaglione, rinnovando i suoi assalti per sloggiare la divisione Perrone dalla Bicocca, chiave della posizione.
Intanto le divisioni Bes e Durando perdevano un tempo prezioso facendo fronte ad un solo reggimento austriaco, mandato in faccia loro per tenerle a bada.
Bisognò che il generale Perrone si facesse ammazzare, che le sue due brigate andassero a rifascio, prima che Czarnowsky chiamasse il Duca di Genova e questi entrasse in azione, per riprendere le posizioni che non si sarebbero perdute, se i rinforzi venivano in tempo.
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