L'insurrezione di Brescia.
Nella storia delle lotte per la indipendenza e unitą d'Italia la sollevazione di Brescia occupa una parte veramente epica. Nč le storie antiche, nč gli annali della rivoluzione francese, nč la Spagna nella sua titanica lotta contro i francesi di Napoleone offrono esempio di maggior ardimento di un'intera popolazione. Scoppiata il giorno medesimo della rotta di Novara, e durata dieci giorni con ammirevole intrepidezza, cancellņ l'impressione mortificante, che quella sconfitta aveva cagionato all'orgoglio nazionale.
Contrariamente alle ragioni che dovevano sconsigliare la guerra, il governo di Rattazzi e il comando supremo dell'esercito vi si gettarono a occhi chiusi, confidando nell'insurrezione di tutta la Lombardia, che ai primi cenni dei Comitati dell'emigrazione, disseminati lungo la frontiera, sarebbe indubbiamente scoppiata mettendo l'esercito di Radetzky fra due fuochi, minacciato sui fianchi e alle spalle, e rendendogli molto difficile la via alle fortezze.
Fu un'illusione che condusse alla fatale disfatta.
Le insurrezioni sono come il prodotto d'uno stato d'animo straordinario d'una cittadinanza, sono un'eccezione nella vita di un popolo civile moderno, e perciņ assai difficilmente si ripetono a un solo anno di distanza. Esse avvengono per impulso spontaneo di una popolazione, raramente per un eccitamento venuto dal di fuori.
Nessuna meraviglia perciņ se il cittadino Gabriele Camozzi di Bergamo, avuto dal governo sardo la missione di promuovere l'insurrezione in Lombardia, e partito il 20 marzo da Arona con 4500 fucili e con 150 uomini armati, non ottenne a Varese e a Como che la formazione di due Comitati, che rimasero inoperosi, ben comprendendo essi e la cittadinanza che le sorti della Lombardia dipendevano oramai dalla battaglia che si sapeva imminente.
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