Tosto i più feroci trassero alle carceri, e cavati di là i disgraziati sui quali pesava l'atroce accusa, a modo americano tutti li massacrarono.
La terribile lotta combattuta con un eroismo che rese attoniti i nemici, e meritò l'ammirazione del mondo civile, avrebbe dovuto avere più degno coronamento.
Quei linciaggi provano però che, se le insurrezioni sono legittime quando ai popoli non è dato altro modo di liberarsi dalla servitù che li opprime, portano talvolta anche chi difende la causa giusta all'oblio dei principî di umanità e di giustizia, che un popolo civile non dovrebbe mai violare; ed è perciò da considerarsi come una grande conquista della civiltà l'introduzione negli Stati civili degli ordini rappresentativi a base popolare, che non mettono più i popoli nella necessità di rivendicare colle armi i loro diritti.
Nell'epopea del risorgimento nazionale, le dieci giornate dell'insurrezione bresciana occupano pagine che saranno sempre gloriose, perchè concorsero, insieme alle tenaci difese di Venezia e di Roma, ad attirare alla causa della nostra indipendenza le simpatie dei popoli liberi, e perchè l'Italia (son parole del Correnti) «che dopo i fatti di Novara cominciava a disperare di sè, imparò da Brescia come si possa colla gloria consacrare la sventura e salvare l'eredità dell'avvenire».
La difesa di Roma
Pio IX invoca la guerra contro Roma.
Vinto il Piemonte, trionfante la reazione quasi dovunque, non rimanevano più che Roma e Venezia, che tenevano ancora alto il vessillo della libertà e della indipendenza; e verso Roma e Venezia erano rivolti gli sguardi, le speranze, i voti di quanti in Italia nel grande naufragio non volevano ancora disperare delle sorti della comune patria.
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