Egli è partito coll'istruzione formale d'impiegare ogni sua influenza per far uscire dal nostro intervento garanzie serie e reali di libertà per gli Stati romani.
Lesseps, prima di partire, per non lasciare adito ad equivoci, che potevano nascere da alcune espressioni troppo vaghe delle istruzioni che aveva ricevuto, disse al ministro che se il Governo non intendeva seguire una politica franca e decisa, meglio sarebbe stato che la spedizione di Civitavecchia non si fosse fatta; che, impegnati come si era, ora trattavasi di riparare al male fatto coll'affare del 30 aprile.
In conclusione Lesseps accettò come seria e positiva una missione, che il Governo non gli aveva affidato se non come un'ingannevole lustra, per aver tempo di guadagnare nuovi partigiani nell'Assemblea, e a preparare l'opinione pubblica al delitto, che stava per compiere.
Lesseps arrivò al quartier generale di Oudinot il 15 maggio, e tutta la seconda metà del mese fu da lui impiegata in trattative col triumvirato (Mazzini, Armellini e Saffi) e col generale in capo.
Dopo molte difficoltà, sollevate quasi sempre dal generale in capo, il quale pur durante l'armistizio, stabilito di comune accordo per le trattative, aveva continuato i lavori d'approccio contro Roma, finalmente il 30 maggio erasi riuscito a combinare, fra esso Lesseps e il triumvirato, un progetto di convenzione, che con lievi modificazioni fu dall'Assemblea del popolo romano approvato. Diceva:
Art. I. - L'appoggio della Francia è assicurato alle popolazioni degli Stati romani: queste considerano l'esercito francese come un esercito amico, che viene per concorrere alla difesa del loro territorio.
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