Gli austriaci, dopo essersi impadroniti di Ferrara, arrivarono l'8 maggio con 6 o 7 mila uomini e 13 pezzi di artiglieria sotto le mura di Bologna. Li comandava il gen. Wimpffen.
Intimata da lui la resa alla città, il popolo, contro il parere del colonnello Marescotti, proclamò la resistenza ad ogni costo. Parecchi assalti dei nemici furono respinti, ma dopo due giorni di bombardamento il municipio fu costretto a capitolare.
Una egual sorte subì Ancona, ma dopo un assedio regolare e una resistenza sostenuta con ammirevole intrepidezza durante 25 giorni dalla cittadinanza e dalla truppa, della quale fu degnissimo capo il comandante la piazza, Livio Zambeccari.
Il re di Napoli, che s'era immaginato di poter entrare in Roma, senza grave rischio, alla coda dei francesi, pur esso alla testa d'un esercito di 20 mila uomini, s'era avvicinato a Roma.
Garibaldi in una prima spedizione su Palestrina li respinse dopo poche fucilate, e l'indomani ripartì per Roma, pel timore che in quel frattempo i francesi avessero pensato ad assalirla.
Ne approfittarono i napoletani per occupare più larga zona di terreno e avvicinarsi vieppiù a Roma.
Allora fu allestita una seconda spedizione, di 10 mila uomini, di cui prese il comando lo stesso generale in capo, Roselli.
Roma fu lasciata alla custodia del popolo, che fidente e lieto accorse alla difesa delle mura e delle artiglierie.
Arrivate le truppe romane a Palestrina, la trovarono sgombra di nemici. Pernottarono a Valmontone, dove si seppe che i regi si erano concentrati a Velletri.
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