Tutti gli altri si allontanarono, perchè non si sentivan la forza di assistere alla lagrimevole scena. «Non correre a cercar tuo fratello, mi disse quel povero mio amico, stringendomi la mano, non sei più in tempo: ti farò io da fratello». Io caddi boccone per terra, indebolito dalla ferita mal cucita, dalle angoscie e dal dolore della notizia....
L'assedio e la caduta di Roma.
Accortisi i generali francesi, dalla resistenza del 3 giugno, che Roma non si poteva prendere nè di sorpresa, nè con facile assalto, bensì dopo un regolare assedio, pensarono di completare e perfezionare le loro trincee, nella quale opera il genio francese dimostrò un'ammirevole valentia.
Dal canto suo Garibaldi non volle più esporre in troppo arrischiati combattimenti le vite preziose dei componenti le sue migliori truppe.
Combattimenti ne avvenivano tuttavia quasi ogni giorno, ma non più colla veemenza di quelli del 3 giugno.
Il giorno 12 Garibaldi mandò due compagnie del reggimento Unione ad assalire i lavori di approccio dei francesi; quei valorosi si avanzarono sino ai piedi della trincea senza trar colpo, ma, accolti a bruciapelo da un vivissimo fuoco, dovettero ritirarsi.
Quasi compiuti i lavori d'assedio, Oudinot intimò la resa della città, ripetendo ancora una volta, in un proclama ai romani, l'impudente menzogna che i francesi venivano a proteggere l'ordine e la libertà. Il generale Roselli, l'assemblea e il popolo risposero con un rifiuto.
Nella sua risposta il Triunvirato, diceva:
Abbiamo promesso difendere, eseguendo gli ordini dell'Assemblea, il vessillo della repubblica, l'onor del paese e la santità della capitale del mondo cristiano.
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