Pepe) e dei preposti ai dipartimenti della guerra» decretava l'evacuazione del forte di Malghera.
Divisa la piccola guarnigione in tre scaglioni, lo sgombro fu eseguito nel massimo ordine nella notte dal 26 al 27, senza che il nemico avesse potuto averne sentore, grazie all'ordine dato ai comandanti delle batterie di far fuoco successivamente da ciascuna batteria ad ogni mezz'ora d'intervallo.
Il maggiore Sirtori, accompagnato dal maggiore Cosenz, che volle seguirlo, percorse un'ultima volta il forte onde ritirare i feriti.
Lo sgombro incominciato alle nove di sera terminò ad un'ora e mezza del mattino.
«I maggiori Sirtori e Cosenz furono gli ultimi ad abbandonare il forte». Così il generale Ulloa nella citata opera.
«L'esercito veneziano s'era coperto di gloria agli occhi d'Italia e d'Europa» (Hist. de la Republique de Venice, sous Manin, par Anatole De la Forge, Paris: Amiot, rue de la Paix. - Pag 199).
Il corrispondente della Gazzetta d'Augusta, addetto, a quanto pare, allo stato maggiore del generale Thurn, entrato colle prime truppe austriache in Malghera, terminò la sua narrazione dello spettacolo che in quel giorno presentava il forte, diventato un mucchio di rovine, con queste parole: «Nessuna truppa al mondo avrebbe potuto prolungare la sua resistenza come questa fece».
Sul ponte della Laguna.
La perdita di Malghera non poteva portare alcun danno alla difesa di Venezia. Finchè una parte del gran ponte della ferrovia rimaneva in possesso dei difensori, vana riesciva ogni speranza degli austriaci d'impadronirsi di Venezia.
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