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      Il 27 giugno, nella speranza d'impadronirsene, il nemico raddoppiò i suoi sforzi contro la famosa batteria, che sofferse danni gravissimi. Ne distrusse il fianco destro, ne incendiò il magazzino delle munizioni, uccise o ferì undici artiglieri.
      Tanti disastri non valsero a fiaccare l'energia dei difensori.
      Disgraziatamente la soverchia temerità del comandante Rossaroll gli valse la morte. Mentre impugnato il vessillo tricolore lo faceva sventolare, come a disfida, sugli occhi degli austriaci, una palla di cannone lo colpì alla spalla destra.
      Soldato del Borbone, aveva cospirato per la libertà d'Italia; scoperto, ebbe mutata la pena di morte nel carcere a vita; la rivoluzione, dopo 15 anni di prigionia, l'aveva restituito alla patria e alla famiglia. Anima ferrea e d'un coraggio a tutte prove, l'avevano soprannominato l'Argante della laguna, come Sirtori ne fu chiamato l'Ajace. Il gen. Pepe ne fece il meritato elogio in un ordine del giorno. Ad una batteria fu dato il suo nome.
      Ma la storia sarebbe manchevole, se dovesse registrare solamente gli atti di grande coraggio e di devozione alla patria.
      Nei primi giorni della difesa del ponte vi fu un muratore, Stefani Agostino, il quale, avutane licenza da Cosenz, tentò, a rischio della vita, di dar fuoco alle mine situate sotto gli archi del ponte, ove stavano appiattati gli austriaci. Ma quando ne fu vicino, la sua barca si arenò, ed egli, costretto a tornarsene a nuoto, fu arrestato da un ufficiale veneto, che avendolo veduto inoltrarsi verso gli austriaci, lo credette un loro emissario.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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