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Ma lo scopo strategico di questo lungo battagliare e delle riportate vittorie - osserva qui giustamente il nostro Demetrio - riesce completamente negativo.
Mentre Windischgrätz aveva le sue forze sparpagliate su una fronte di 160 chilometri, Görgey ebbe colle sue mosse la triste abilità d'obbligarlo a raccoglierle e concentrarle nei dintorni di Pesth.
Anche in tale critica posizione del Windischgrätz, il generale magiaro assalendolo con tutte le forze riunite, avrebbe potuto distruggere l'esercito imperiale gettandolo nel Danubio. Invece scansò la battaglia, quando appunto era venuto il momento più opportuno per attaccare.
L'ala sinistra dell'esercito austriaco, costituita da tre brigate, erasi ripiegata per la via di Waitzen, al gomito settentrionale del Danubio. Damjanic l'assalì, uccise il vecchio Götz, ne disfece la brigata, si gettò sulle altre due e le ruppe al primo impeto, entrando nella città di Waitzen
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All'annuncio di tale vittoria, Görgey partì da Gödöllö con tutto l'esercito, sforzò il passaggio della Gran a Nagi-Sarlo, il 18 aprile, e il 22 giungendo a Komorn costrinse l'assediante a levare l'assedio e fuggire.
Alla notizia che l'esercito ungherese già passava sulla destra del Danubio e minacciava d'intercettare la via di Vienna, la Corte imperiale, spaventata, richiamò Windischgrätz, ponendo in suo luogo alla testa dell'esercito il maresciallo Welden, il quale s'affrettò di ridurlo in salvo presso Raab.
Ma Görgey, per quanto sollecitato da Kossuth e dal governo di Debreczin a perseguitare i corpi austriaci sgominati, spingendosi addirittura fino ai sobborgi di Vienna, non si piegò mai nè alle esortazioni, nè ai consigli dei colleghi, nè ai comandi del Governo.
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