Quando il presidente diede la parola a Riccardo Cobden, tutta l'assemblea si alzò, e fece risuonare per lungo tempo la sala dei suoi applausi.
Cobden si soffermò sovratutto a dimostrare l'inanità che spinge uno Stato ad aumentare la sua potenza militare o marittima, non appena vede la nazione vicina accrescere di qualche poco il proprio apparecchio di guerra.
La mia prima obbiezione a questo sistema è la sua suprema follia. Quando due paesi aumentano nelle stesse proporzioni le loro forze navali, il risultato è una perdita eguale al costo dell'accrescimento.
Più grave e più seria, la sua seconda obbiezione a questo sistema, che disse di «estrema ipocrisia».
Nel tempo stesso che questi armamenti ingrossavano d'anno in anno sotto i nostri occhi, i nostri rispettivi gabinetti non cessavano di scambiare le assicurazioni della più franca e cordiale amicizia.
(Precisamente come oggi).
Se vi fosse un po' di sincerità e di serietà nel fondo di queste dimostrazioni, dove sarebbe la necessità di tanti vascelli in mare e di tanti forti sulle nostre coste? Un uomo, a meno che sia pazzo, non si copre di armi offensive e difensive in mezzo a' suoi amici.
Ma la mia grande obbiezione contro questi grandi armamenti, è che tendono ad eccitare pericolose animosità tra i popoli, a perpetuare il timore, l'odio, il sospetto, passioni le quali, un giorno o l'altro, cercano istintivamente la loro soddisfazione nella guerra.
Benchè persuaso dalla sua lunga esperienza che «non vi sono uomini più duri di comprendere degli uomini di Stato di professione», i quali «ridono di noi, ci trattano da utopisti, da teorici e da sognatori», così conchiuse:
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