Lo spettro rosso da essi agitato come spauracchio, divenne uno degli elementi principali della politica del Bonaparte.
Gli occorreva cattivarsi il clero e predisporre la Francia alle sue mire collo spettacolo d'una Repubblica rovesciata dalle armi francesi, e ideò la spedizione di Roma.
L'Assemblea che l'aveva votata, credette e volle fosse fatta a difesa, non ad offesa del popolo romano. Ma alla fine di aprile, Luigi Bonaparte, avuta la certezza che le nuove elezioni mandavano alla Camera una maggioranza di orleanisti e legittimisti, mandò l'ordine al generale Oudinot di lacerare la convenzione preludio di amicizia, che, in nome della Francia, Lesseps aveva conchiuso col Triumvirato romano. Seguì l'assalto della romulea città.
L'estrema Sinistra della nuova Assemblea avendo fatto appello al popolo contro cotale violazione della Costituzione e del diritto delle genti, trentatrè rappresentanti repubblicani furono arrestati o costretti a emigrare.
La reazione contro le idee e gli uomini repubblicani si fece d'allora in poi più aperta e più sfrontata.
I giornali che davano noia al Governo furono sospesi.
Una legge impose ai giornali politici la cauzione di 24,000 franchi, e diede facoltà al Governo di interdire la vendita di quelli giudicati.
Un'altra legge vietò le riunioni pubbliche.
Il grido di Viva la Repubblica! fu considerato e punito, in Repubblica, come grido rivoluzionario.
Sebbene tutte queste misure non avessero trovato ostacolo nei ministri, Luigi Bonaparte che, studiandoli, s'era accorto che fino ad un colpo di Stato non l'avrebbero seguìto, li mutò d'un tratto con persone di sua piena fiducia.
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