Vedremo ora con quale zelo i soldati risposero alla fiducia in essi riposta.
Era ancora notte, quando un reggimento, comandato dal colonnello Espinasse, si presentò all'improvviso dinanzi al palazzo Borbone, sede dell'Assemblea; disarmò il presidio di guardia ed entrò nel cortile.
L'Assemblea nazionale, inviolabile in tutti i liberi paesi, era brutalmente invasa.
Il comandante del battaglione di guardia, accorso al rumore si trovò dinanzi il colonnello Espinasse, che gli disse: "Vengo a rilevare il vostro battaglione." Il comandante impallidì, e rimase per un momento pensoso; poi ad un tratto si strappò le spalline, trasse la spada dal fodero e la spezzò, e gettatine a terra i due tronchi, fremendo d'ira, gridò: "Colonnello, voi disonorate il numero del reggimento!"
La storia ricorda a titolo d'onore il nome di questo comandante, Meunier, che troncò la sua carriera per non aver voluto farsi complice di un criminoso attentato contro le leggi e il Governo del suo paese. Disgraziatamente quella protesta rimase in tutto l'esercito francese un fatto isolato.
Non mancavano prodi generali, che l'esercito amava, stimati come patriotti, ch'erano rappresentanti all'Assemblea: Changarnier, Lamoricière, Bedeau, Leflô. Or bene furono tutti, prima dell'alba, fatti arrestare al loro domicilio, insieme al generale Cavaignac, a Thiers e ad altri cittadini, noti per la loro devozione alla Repubblica, e temuti per l'influenza che potevano avere sul popolo. Tutt'insieme 16 rappresentanti e 60 cittadini furono proditoriamente arrestati.
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