Victor Hugo, a narrarne i principali, impiega più di cento pagine del secondo volume della sua Histoire d'un Crime, dove collo scalpello d'un Michelangelo e con parole dantesche il gran delitto è tramandato alla storia in tutta la sua efferatezza.
Alla presa d'ogni barricata gli ufficiali gridavano: «Non prigionieri!» I soldati uccidevano tutti, combattenti o curiosi, incolumi o feriti.
Alla sera del quarto giorno la grande strage era finita.
I difensori della repubblica, veduto che perivano gli innocenti, rinunciarono alla lotta.
L'indomani cominciarono le fucilazioni di tutti coloro che alla sera e alla notte furono presi alla rinfusa nelle vie percorse dai soldati, nei caffè e nelle case visitate pel sospetto che vi si fossero rifugiati dei combattenti.
Finita il quarto giorno la grande strage, non cessarono le soppressioni sommarie.
Il massacro del boulevard (si legge nella citata Histoire d'un Crime, di V. Hugo) ebbe questo prolungamento infame: le esecuzioni segrete. Il colpo di Stato, dopo essere stato selvaggio, ridivenne misterioso. Passò dalla sfrontata uccisione di pieno giorno all'uccisione mascherata di notte.
Il 13 i massacri non erano finiti. Il mattino di quel giorno, un passante solitario, che dimorava in via Saint-Honoré, vide condotti, tra due file di soldati di cavalleria, tre forgoni molto carichi. Si potevano seguire questi forgoni alle traccie del sangue che ne cadeva. Venivano dal Campo di Marte (il luogo delle fucilazioni) e andavano al Cimitero di Montmartre.
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