(Il Piemonte - 20 ottobre 1855).
Gli altri giornali ligi alla politica di Cavour non furono così sguaiati nel censurare il programma dell'unità nazionale formulato da Manin, del quale si fece sostenitore nel Diritto l'amico suo Pallavicino; ma nessun giornale, nemmeno il Diritto, che pur accolse e pubblicò alcuni scritti di Manin e di Pallavicino, si fece sostenitore della sua idea. Fecero qualche volta eccezione la Gazzetta del Popolo, allora diretta da Govean, e la Stampa di Genova, poco letta e morta poco dopo.
«Tutti i giornali del Piemonte mi attaccano furiosamente», scriveva Manin a Giorgio Pallavicino il giorno 18 giugno 1856. E in altra lettera, del 27 giugno di Manin al medesimo Pallavicino, si legge: «Che questi (Cavour) dica di me parole cortesi, sta bene e gliene son grato; ma sono i giornali che formano la pubblica opinione; e se tutti mi maltrattano, compresi i ministeriali, non so veramente come potrò resistere»9.
Il programma di Manin, che consisteva nello offrire al Piemonte le forze rivoluzionarie d'Italia colla rinuncia alla repubblica, e nell'aggiungere alle forze della rivoluzione quelle del Piemonte, e ad offrire a Vittorio Emanuele, premio dell'alleanza, la corona d'Italia, non piacque a Mazzini, sebbene fosse la pratica applicazione di quello contenuto nella storica lettera del 1833 dello stesso Mazzini a re Carlo Alberto.
Fidente illimitatamente, non ostante le terribili disillusioni avute, nei "miracoli" dell'insurrezione e nella saggezza del popolo, Mazzini considerava come usurpazione sulla sovranità del popolo prefiggere all'Italia, non ancora padrona dei suoi destini, la determinazione dei suoi destini.
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