Due bande di volontari, alla cui testa si sarebbe messo Garibaldi, avrebbero fatto impeto contemporaneamente da Lerici e da Sarzana; sarebbero state quelle bande immediatamente seguite da una compagnia di carabinieri genovesi, tolti dai più validi elementi della Guardia Nazionale, e tutt'insieme, aperta la via all'esercito regolare, ne avrebbero agevolate le operazioni.
Questo disegno non doveva essere ignoto a chi, in nome della Società Nazionale, appunto in dicembre, in un opuscolo di propaganda scriveva:
Due sono le forze liberatrici d'Italia: l'esercito piemontese e la rivoluzione; con quello s'inizierà la guerra, con questa si rovesceranno gli ostacoli esistenti, i quali impediscono che le forze militari, pecuniarie e morali delle altre provincie concorrano alla magnanima impresa17.
Ma qualche mese dopo, la insurrezione, dapprima desiderata e predisposta, venne giudicata, da Cavour e dai suoi agenti, come un pericolo da evitare a qualunque costo. Ne sono prova tutte le pubblicazioni della Società Nazionale da gennaio in poi e l'epistolario di Cavour. Ad una lettera a questi inviata da Guerrazzi, che diceva possibile, se ajutata, una sollevazione in Toscana, Cavour, a mezzo di Lafarina, rispose non essere il caso di pensare a "moti incomposti, a governi provvisorii ed altre sciocchezze ad uso 1848."
Non desiderata, nè voluta dal governo piemontese, l'insurrezione nei Ducati e nella Lombardia non fu più possibile, tanto più dopo lo stato d'assedio che, temendola, il governo austriaco proclamò, e dopo l'esodo dei volontari, di cui, anche per sottrarre forze alla rivoluzione, la Società Nazionale si fece calda eccitatrice.
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