L'Austria accettava la proposta, mettendovi due condizioni: il disarmo del Piemonte e la sua esclusione dal Congresso.
La prima condizione, quella d'un disarmo preventivo del Piemonte, respinta dal governo sardo, ebbe l'appoggio di nessuno. Allora l'Austria vi sostituì quella del disarmo di tutte le potenze.
Questa proposta diede luogo ad una serie di negoziati, che durò parecchie settimane.
L'altra condizione quella dell'esclusione del Piemonte dal Congresso, trovò in principio anche il governo napoleonico disposto ad aderirvi.
Il ministro degli esteri, Walewsky, in quell'occasione fu udito dire: "L'imperatore non può correre alla guerra, per favorire l'ambizione della Sardegna".
Cavour, giudicato allora da molti in Italia come freddo calcolatore e troppo ligio alla politica napoleonica, divenne furibondo; scrisse lettere fulminee a Napoleone III, rinfacciandogli le promesse date, e minacciando l'abdicazione del re, le sue dimissioni e la pubblicazione delle di lui lettere.
Napoleone, per calmarlo, lo chiamò a Parigi, e gli diede promessa che, ove non fosse stato possibile di ammettere il Piemonte al Congresso, la causa italiana sarebbe stata egualmente difesa dal rappresentante della Francia.
Ma erano parole, dalle quali Cavour non si sentì bastantemente rassicurato.
Quando l'idea della riunione d'un Congresso fu da tutte le grandi potenze accettata, l'Inghilterra fece in ultimo la proposta che tutti gli Stati italiani vi fossero ammessi, e il Piemonte e l'Austria invitati al disarmo.
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