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      Fino dall'alba i ministri erano accorsi presso il granduca. Questi, fatto chiamare il marchese Neri Corsini, ch'era fra i suoi famigliari il più liberale, lo incaricò della formazione d'un nuovo ministero, con facoltà di adesione alla politica piemontese.
      Queste concessioni non contentarono i capi di parte liberale, i quali si riunirono in quel giorno presso l'ambasciatore Boncompagni.
      Sentendosi padroni della situazione, essi mandarono, a mezzo del Neri Corsini, il loro ultimatum al granduca, che conteneva abdicazione sua a favore del principe ereditario, alleanza offensiva e difensiva col Piemonte, e regime costituzionale in armonia all'ordinamento generale d'Italia.
      Il granduca rispose che protestava contro la pressione e l'ingiuria di cui era vittima, e disponendosi a partire, dichiarava nulli gli atti che sarebbero stati emanati in sua assenza.
      La folla, assembrata sulla piazza ora detta dell'Indipendenza, appena informata della decisa partenza del granduca per un viaggio senza ritorno, si diede a percorrere la città festante e giuliva.
      La folla si fermò sotto le finestre del ministro sardo, il quale dal balcone annunciò la partenza del granduca e la dittatura, durante la guerra, di Vittorio Emanuele. La folla si fermò anche davanti alla residenza del ministro francese, dove al grido di «Viva Italia!», andò associato quello di «Viva la Francia
      In quell'ora, segno dell'avvenuto mutamento, il vessillo tricolore si vide sventolare dalla torre di Arnolfo e da tutte le caserme.
      Così senza sangue e senza tumulti si compiè una delle più civili rivoluzioni dei tempi moderni, della quale un giornalista inglese, che ne fu testimonio, disse briosamente che tutto era seguito senza chiuder bottega di cambia valute.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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