Nella notte medesima, mentre Garibaldi si apprestava a dare le disposizioni per un nuovo combattimento contro le truppe di Urban, si ebbe la notizia che questi si era ritirato fra Barlassina e Monza, sulla strada di Milano, per essere più vicino alla base di operazione del proprio esercito.
Ci siamo dilungati, più di quanto questo sommario comporterebbe nel parlare delle fazioni di Varese, di Malnate e di San Fermo, perchè questi tre combattimenti offrono la migliore prova, che non il lungo tirocinio di caserma, non i soldati e gli ufficiali di professione, sono i più atti a vincere in guerra, bensì le schiere composte di militi animati da un forte amore di patria, i quali sotto le armi non cessano di avere la coscienza di cittadini, quando siano comandati da un capo valente, in cui abbiano fiducia.
Colla vittoria di San Fermo rimanevano sgombri di austriaci il Lago Maggiore, gran parte dell'alto Milanese e tutta la Valtellina fino a Bormio, ed era aperta a Garibaldi la via per operare a tergo del nemico.
Quando si pensa che questi risultati Garibaldi li aveva ottenuti colle esigue forze di cui disponeva, contro dieci mila soldati provetti, bene armati e ben comandati, è facile imaginare ciò che di più e di meglio avrebbe potuto fare pel buon esito di tutta la campagna, se gli avessero dato forze adeguate alle ardite operazioni a cui il suo genio lo chiamava.
Alle sue richieste d'armi e d'istruzioni, Cavour aveva, il 24 maggio, così risposto: «Insurrezione generale e immediata»; ma le armi non vennero che in assai scarsa misura e tardi, e una insurrezione non avviene quando più piace a chi la desidera.
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