Lo Stato maggiore prussiano che, a guerra finita, mandò ufficiali suoi a studiare, sui luoghi di combattimento, colle relazioni ufficiali alla mano, le operazioni dei due eserciti, per trarne insegnamenti utili al proprio esercito nelle eventualità del futuro, sulle cause che a Magenta procurarono la vittoria ai francesi diede questo giudizio: "La battaglia fu decisa dalla perseverante tenacia del fantaccino francese, che era buon camminatore e indipendente e libero nella sua azione individuale".
La vittoria era stata però dai francesi guadagnata a ben caro prezzo: 4,530 uomini fuori di combattimento, dei quali 657 uccisi; fra questi due generali: Espinasse e Cler. Morirono per l'indipendenza d'un popolo, e un monumento ne raccomanda in perpetuo i nomi alla riconoscenza degli italiani; ma quale compenso ebbero le famiglie dei soldati morti, molte delle quali rovinate per sempre?
Assai maggiori furono le perdite degli austriaci, che ebbero 10,226 uomini fuori di combattimento, dei quali 1368 uccisi, fra cui un maggiore generale, senza il conforto, morendo, d'aver dato la vita per una causa giusta; 3358 furono i feriti e 4600 i prigionieri. Fu detto più tardi che alla sera della battaglia Napoleone fosse stato dolorosamente impressionato dalle molte vittime, non che dal mancato concorso dell'esercito sardo.
La giornata di Magenta ebbe per risultato la liberazione di quasi tutta la Lombardia, lo sgombro degli austriaci dai ducati, da Parma, da Modena, da Bologna e da Ancora, e la via assicurata all'unità d'Italia, il cui compimento sarà però fra poco esclusiva opera del senno e della fermezza delle popolazioni.
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