Invece il 23 tutto l'esercito austriaco aveva passato il Mincio, e la sera del 23 era già concentrato tra Pozzolengo, Solferino e Medole, per muovere di là contro gli alleati.
Questo repentino cambiamento nelle disposizioni degli austriaci, fu deciso dall'imperatore Francesco Giuseppe, il quale, dopo gli ultimi poderosi rinforzi mandati in Italia, era venuto ad assumerne il comando, calcolando, per la superiorità delle sue forze, nel vantaggio dell'offensiva.
Aveva diviso le sue forze in due eserciti di operazione, di cui il primo esercito, quello di destra, formava la riserva, e il secondo ebbe l'ordine di marciare, il 24, contro le principali posizioni degli alleati, a Carpenedolo e Montechiari.
Su un effettivo di 217,324 combattenti, gli austriaci portarono in battaglia 163,124 uomini.
Gli alleati, su un effettivo di 187,956 combattenti, portarono 135,234 uomini. Di questi non più di 35,000 appartenevano all'esercito sardo.
Eravamo perciò molto lontani da quei 200,000 francesi e 100,000 italiani, che secondo i patti di Plombières i due alleati avrebbero dovuto portare in campo. E siccome la guerra era stata da essi divisata assai prima dell'Austria, torna a loro biasimo l'essersi trovati nella giornata decisiva in forze inferiori a quelle del nemico.
Lo stesso errore commesso dai francesi nel 1870 fu una delle principali cause della loro grande disfatta in quella guerra.
Nelle prime ore del mattino le avanguardie degli alleati urtarono contro gli avamposti austriaci.
Vi fu dapprima una serie di combattimenti isolati, che diedero tempo all'imperatore Napoleone di ben conoscere la situazione e di ordinare i movimenti dei suoi corpi d'esercito ad un'azione ben coordinata.
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