- mi dicono alcuni di questi sventurati - ci abbandonano, ci lasciano morire miseramente, eppure noi ci siamo battuti bene». Essi non trovano alcun riposo, non ostante le notti passate senza sonno e le fatiche sofferte. Nel loro strazio, implorano soccorsi che non arrivano. Alcuni si voltano e rivoltano nelle convulsioni, che terminano nel tetano e colla morte. Altri s'imaginano che l'acqua fredda versata sulle loro piaghe purulenti produca i vermi, che appariscono in gran numero, e ricusano di farsi ricambiare le bende delle loro piaghe. Altri ancora, dopo avere avuto il privilegio di essere medicati nelle ambulanze improvvisate sul campo di battaglia, non lo sono più durante la loro fermata forzata a Castiglione, e le loro bende eccessivamente strette in causa delle scosse del viaggio, non essendo state rinnovate, loro producono vere torture. Questi altri, colla figura annerita dalle mosche, che infestano l'aria e si attaccano alle loro piaghe, portano da tutti i lati lo sguardo smarrito. Ma nessuno loro risponde.
Qui un soldato interamente sfigurato, ha la lingua che esce dalla rotta mascella. Egli si agita e vuol alzarsi. Io bagno la sua bocca dissecata e la sua lingua indurita.
Là uno sventurato, a cui una parte della faccia fu tolta da un colpo di sciabola, nell'impossibilità di parlare, fa dei segni accompagnati da suoni gutturali. Io gli do da bere, facendo cadere sul suo viso insanguinato alcune goccie d'acqua pura.
Un altro, dal cranio aperto, spira spargendo il suo sangue sul suolo e sulle pareti della chiesa.
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Castiglione
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