N'era base quella Confederazione presieduta dal Papa, che l'opuscolo Napoleone III e l'Italia, aveva esposto come la migliore soluzione della questione italiana, sebbene gli italiani non avessero dato a cotesta proposta alcuna importanza.
Di nuovo v'era che Venezia, rimanendo in potere dell'Austria, dovesse far parte dell'ibrida Confederazione.
La Lombardia, come un bottino di guerra o come un vecchio feudo, veniva dall'imperatore d'Austria ceduta all'imperatore dei francesi, il quale a sua volta la rimetteva al re di Sardegna.
I principi spodestati di Parma, Modena, Toscana, venivano reintegrati nei loro Stati, come le Legazioni e la Romagna dovevano continuare a far parte dello Stato Pontificio.
Tutto questo pasticcio era stato combinato all'insaputa di Vittorio Emanuele. L'imperatore Napoleone III, come generalissimo, non aveva creduto necessario di consultarlo.
L'annuncio di questa improvvisa, e strana pace produsse in Lombardia, nel Piemonte e nell'Italia Centrale un senso immenso di stupore e di rabbia. Tutti ne furono indignati. I lombardi, perchè vedevano, dopo una gran vittoria, loro imposta quella pace al Mincio - mentre il quadrilatero doveva rimanere in possesso dell'Austria - che nel 1848 era stata da essi virilmente respinta; i volontari veneti, trentini ed istriani, che vedevano riconfermato nelle loro terre il dominio dell'Austria; gli emiliani ed i toscani, perchè si vedevano minacciati di una forzata restaurazione dei principi spodestati.
Doleva ai monarchici lo sfregio fatto al re Vittorio Emanuele, costretto a ricevere la Lombardia di seconda mano, e non consultato sulle condizioni di una pace nella quale era, dopo le popolazioni, il più interessato.
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