Nelle strade e nelle piazze fuvvi un concorso straordinario di popolo, che senza trascendere a moti violenti, manifestava lo sdegno e il dolore ch'erano nell'animo di tutti.
Alla sera la tipografia del giornale ufficiale fu invasa da una folla di popolani, che rovesciarono i torchi e fecero a pezzi i fogli stampati, perchè recavano la notizia dei preliminari di pace.
L'indomani il governo, di cui era capo il Ricasoli, pubblicò un manifesto che esortava i toscani «a mostrare con la fermezza, che siamo degni cittadini d'una patria indipendente e libera»; e conchiudeva: «La Toscana non sarà, contro il suo volere e i suoi diritti, riposta sotto il giogo, nè l'influsso austriaco».
Questo linguaggio dignitoso e fermo calmò la popolazione, la quale non cessò tuttavia un istante dal dimostrare i suoi tenaci propositi contro la restaurazione, e per l'unione al Piemonte.
Parlando delle agitazioni di quei giorni, in Firenze, il Salvagnoli, che nel governo reggeva il ministero degli esteri, scrisse al Panizzi, il celebre bibliotecario del Museo britannico, il quale, come amico dei ministri liberali Palmerston, Russel e Gladstone, veniva giornalmente informato dell'andamento delle cose italiane:
Amico, il moto italiano del 1859 è affatto diverso da quello del 21, 31 e 48. Allora si muovevano le classi alta e media; ora si muovono le infime e tutte...
E in altra lettera:
Qui è possibile anche il gran Kan dei Tartari, ma non Leopoldo e i suoi degni figli. Tutti su ciò son concordi, e perfino i più grandi codini, perchè non veggono nè chi ce l'abbia a ricondurre, nè chi ce l'abbia a mantenere29.
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