Non curando le rimostranze della diplomazia, nominò una commissione legislativa incaricata di esaminare le leggi del Piemonte da applicarsi subito alle altre provincie poste sotto il suo governo; si circondò d'uomini di fiducia del popolo; diede grande sviluppo all'esercito; chiamò a comandarlo Fanti e Garibaldi; e prese tutte le misure per respingere qualunque attacco venisse dal sud o dal nord. Si cattivò così le simpatie anche della parte più avanzata dei patriotti romagnoli.
Dopo tre mesi di discussione il Congresso di Zurigo si chiuse colla sottoscrizione di tre trattati: il primo fra le tre potenze interessate; il secondo fra l'Austria e la Francia; il terzo fra la Francia e il Piemonte.
V'erano stabilite in minuti particolari le condizioni indicate nei preliminari di Villafranca. Di nuovo v'era detto, che nessun mutamento dovesse essere valevole negli Stati dell'Italia Centrale, senza il consenso delle potenze che ne avevano riconosciuta l'esistenza. Alludevasi ai trattati del 1815, ai quali aveva preso parte anche l'Inghilterra.
Da lì la proposta d'un Congresso europeo, per risolvere la questione dell'Italia centrale, per la cui riunione si adoperò seriamente il governo britannico.
Intanto Garibaldi, accampato colle truppe toscane alla Cattolica, era impaziente di passare il confine e di vendicare il sangue versato e le oscenità commesse dai mercenari svizzeri a servizio del papa dopo la presa di Perugia, per punirla d'un simulacro di governo provvisorio, che a somiglianza di quello di Bologna v'era stato proclamato.
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