La cessione della Savoia era considerata da tutti come conseguenza naturalissima dell'applicazione del principio di nazionalità all'Italia.
Fu però necessario, davanti alle opposizioni della Prussia e della Russia, di consultare di nuovo le popolazioni.
I cittadini della Toscana e dell'Emilia furono invitati a votare, nei giorni 11 e 12 marzo, per una di queste due decisioni: «Annessione alla Sardegna, sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele», o «Organizzazione del paese in regno separato.»
A Bologna e nelle Romagne 202,659 voti furono per l'annessione; 254 pel regno separato.
Nelle provincie estensi 131,818 votarono l'annessione; 213 pel regno separato.
Nell'ex ducato di Parma 91,519 vollero l'annessione; 209 il regno separato.
Nella Toscana 366,571 voti furono per l'annessione; 14,925 per il regno separato.
Alle Deputazioni dell'Emilia e della Toscana, apportatrici delle risultanze dei plebisciti, Vittorio Emanuele fece solenni accoglienze e le annessioni furono decretate.
Per queste annessioni, a cui molto avevano contribuito democratici e repubblicani, e che davano fondata speranza di vedere in tempo non lontano effettuata l'unità d'Italia, furono vivissime le esultanze in tutto il paese.
Nel mese stesso dei plebisciti, fu conchiuso il trattato di cessione della Savoia e di Nizza alla Francia, salvo l'approvazione del Parlamento e il voto delle popolazioni.
Riunitasi la nuova Camera, Garibaldi tentò invano, parlando come deputato, di scongiurare il sacrificio della sua città natale.
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