Il Geoffroy-Saint-Hilaire, riprendendo le tradizioni del Lamarck, e difendendo risolutamente la teoria dell'evoluzione naturale, affermava la variabilità delle specie, la loro origine comune da uno stipite unico, l'unità dell'organizzazione ossia l'unità del piano di struttura di tutto il regno animale. Il Cuvier invece, cui era dovuta in gran parte l'ortodossa ipotesi delle rivoluzioni del globo, negava codesta unità di piano e sosteneva il concetto teleologico e dualistico della natura, l'invariabilità delle specie, e la creazione indipendente di tutte le forme animali e vegetali. La vittoria fu allora guadagnata dall'ortodossismo e parve fosse il trionfo della scienza seria sulla scienza di immaginazione: ma chi vinse fu soltanto il più gretto empirismo, giacché se riesciva in quei tempi difficile al Geoffroy di recare le prove minute del concetto sintetico e per dir così storico che domina nel trasformismo, era altrettanto facile al Cuvier di citare numerosi fatti di osservazione empirica, nei quali pare oggi ai naturalisti superficiali, e pareva anche più allora, provata la fissità della specie. E per trenta anni, cioè fino alla pubblicazione del libro del Darwin sull'origine delle specie, la scienza fu, come ben nota l'Haeckel, condannata al metodo puramente empirico, ed in quanto alle scienze naturali, alla sistematica classificazione delle forme.
Noi non sappiamo se il Darwin partisse d'Europa con opinioni ben ferme intorno all'origine delle specie, o per dir meglio intorno alle cause delle differenze caratteristiche fra i varii gruppi di esseri viventi.
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